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INVENZIONI
Estratto dal libro "Alessandro Volta, Como e il Lario nel Bicentenario dell’Invenzione della Pila 1799-1999" di Umberto Ferdinando Molteni, edito dalla Università Terza Età "A. Volta" di Como - 1999 *************************
L'elettroforo - 1775 Volta, nel rifare le esperienze di Aepinus e di altri fisici su l'elettricità vindice, studia attentamente il fenomeno del nastro di seta elettrizzato che si accosta ad una piastra di metallo ben isolata. Col riflettervi a fondo arriva all'invenzione dell’Elettroforo perpetuo, un congegno che somministra grande quantità di scintille, prima che perda la sua forza e si debba ricaricare. È il primo esempio di macchina-elettrostatica basata sul fenomeno dell'induzione. Il fisico svedese Wilcke ha nell'agosto 1762 realizzato un Elettroforo similare, ma è sconosciuto nel resto d'Europa. Volta arriva alla stessa sua invenzione unicamente per propria perspicacia ed in Francia, dove è nota solo nel 1776, il merito è attribuito all'illustre Comasco. Ecco in breve la descrizione di questo apparecchio: ". . . . un piatto conduttore coperto da una stiacciata di resina, sulla quale poggia uno scudo metallico con manico isolante. Strofinata la stiacciata con un panno, posto sulla stiacciata uno scudo in comunicazione con la terra, si ricavano dallo scudo vivaci scintille, dopo che, tolto il contatto con la terra, detto scudo venga sollevato". La schiacciata strofinata con un panno o con pelle di volpe si elettrizza negativamente, la sua carica negativa respinge le cariche negative ospitate dallo scudo verso la terra, lo scudo rimane occupato solo da cariche positive che restano disponibili per gli esperimenti. Volta nel dare notizia dell'Elettroforo mette in luce la durata dell'elettricità impressa a tale strumento con un iniziale strofinio. Tutto è pronto per iniziare un nuovo ciclo e l'operazione può essere ripetuta quante volte si vuole senza dover rielettrizzare la stiacciata. Senza che sia necessario strofinare ancora la schiacciata, si può appoggiare di nuovo su di essa lo scudo più volte, ottenendo così quantità di cariche anche elevate. Il 10 giugno 1775, comunica questa invenzione al celebre chimico e fisico inglese Joseph Priestley, membro della Royal Society di Londra. Nel Tempio Voltiano, questa invenzione è visibile nelle vetrine.
L'aria infiammabile nativa delle paludi, la lampada e la pistola voltaica. - 1776 La multiforme attività di Volta non si circoscrive però solamente al campo, già per sé stesso così ampio dell'Elettrologia, ma abbraccia in modo particolare i fenomeni della fisica e della chimica dei gas. Il 3 novembre 1776 Alessandro Volta, ospite di amici sul Lago Maggiore ad Angera godeva un pò di vacanza. Costí, presso la riva del lago, in un canneto dal basso fondale melmoso scopre l'Aria Infiammabile Nativa delle Paludi, così da Volta denominata. É un'aria che arde lentamente con una piccola fiamma azzurra solo se si accosta ad essa del fuoco e a contatto con l'aria atmosferica. Egli che ha già ottenuto (arie infiammabili) facendo reagire acidi su metalli, pensa che anche quell'aria del canneto possa essere infiammabile e raccoltala scopre così l'attuale gas metano. A questa sua scoperta, Alessandro Volta rivolge una domanda a sé ed a chi legge: "....L'ultima questione sia questa. Dall'aria infiammabile scoperta in tanta abbondanza e in tanti modi tentata e cimentata, non sia possibile il trarre alcun profitto ? Senza ciò, diran molti, a che varrebbero in fine tali scoperte, e tali sperienze ?". Egli intuisce e sospetta, che quest'aria infiammabile pullulante attraverso acque pantanose, possa essere prodotta da tutte le paludi. Raccoglie quell'aria nel sopra citato canneto, entro laghi, negli stagni e in qualsivoglia luogo dove giacciono rimasugli di vegetali e di animali putrefatti. Non mai arriva ad ottenerne dalle terre, e molto meno dalle acque limpide. Arriva a sospettare che tale aria derivi da sostanze vegetali ed animali in decomposizione. Il suo sospetto è realtà. I chimici che conoscono l'aria infiammabile delle miniere di carbone (grisou), di zolfo e di salgemma la ritengono di origine minerale quando invece è di origine organica come sostenuto da Volta. Jean-François Rozier, distinto agronomo e botanico francese non dubita di asserire che Volta è il primo ad osservare l'aria infiammabile prodotta da sostanze animali e vegetali in putrefazione. Il vedere il nuovo gas sgorgare soprattutto dai luoghi dove ci sono sostanze organiche in decomposizione, fa sorgere a Volta l'idea che i fuochi fatui, che sogliono di notte spaventare il vile volgo, siano fiamme di aria nativa delle paludi. Ma "come spiegheremo il loro accendersi", si domanda Volta, "poichè altro mezzo non conosciamo d'allumare l'aria infiammabile che quello di accostarvi una fiamma?". Gli viene in mente allora che le scariche elettriche naturali possono fare altrettanto; ed eccolo subito a tentare di accendere, mediante le scintille, l’aria infiammabile metallica (l'idrogeno) e quella delle paludi. Riuscita la prova, egli abbandona però immediatamente il problema naturalistico, e si riduce a studiare quello strettamente fisico-chimico della possibile accensione elettrica delle arie infiammabili. Scrive al Padre Campi: "Io sostengo che gli olii più puri ne' lo spirito del vino purissimo pareggiano nella potenza e facilità d'avvampare la nostra aria infiammabile". Nello stesso anno sostituisce il metano all'olio delle lucerne. L'aria infiammabile viene immessa, mediante un rubinetto che apre e chiude il passaggio, in una cannuccia alla bocca della quale si accende per mezzo di una scintilla che scocca fra due punte metalliche quando si solleva lo scudo di un Elettroforo. Nasce così la Lampada Perpetua, più comunemente chiamata Lampada di Volta, che trova particolare diffusione in Germania. Volta acquista così il titolo di precursore dell'illuminazione a gas. Questo tipo di illuminazione è introdotto a Como nel 1863. Nel 1777 inventa la Pistola Elettrica o Pistola "elettrico-flogo-pneumatica", costituita da una pistola comune caricata con "aria tonante" fatta esplodere per mezzo della scintilla dell'Elettroforo. Nella Pistola vi è un miscuglio composto da aria infiammabile ed aria comune. Volta con l'invenzione della Pistola può considerarsi anche il precursore del motore a scoppio, e non solo, come vedremo più oltre. É l'unico tra i fisici del tempo ad usare miscugli esplosivi. Costruisce, oltre a pistole, anche moschetti e bombe ad aria infiammabile delle paludi, cioè metano, a cui aggiunge aria infiammabile metallica, cioè idrogeno, mescolate con opportune misure di aria comune e ossigeno. Volta scrive una lettera, datata 18 aprile 1777, indirizzata al suo predecessore all'Università di Pavia, professor Barletti, nella quale espone una disposizione per cui si potrebbe da Como scaricare una bottiglia di Leida che provocherebbe a Milano lo sparo di una Pistola elettrica. Ecco un brano della lettera: "Io non so a quanti migli un fil di ferro tratto sul suolo dei campi o delle strade, che infine si ripiegasse indietro, o incontrasse un canale d'acqua di ritorno, condurrebbe giusta il sentier segnato la scintilla commovente. Ma preveggo che in un lunghissimo viaggio, de' tratti di terra molto bagnata o delle acque scorrenti stabilirebbero troppo presto una comunicazione, e quivi devierebbe il corso del fuoco elettrico spiccato dall'uncino della caraffa per ricondursi al fondo. Ma se il fil di ferro fosse sostenuto alto da terra da pali di legno esempligrazia qua e là piantati da Como sino a Milano e quivi interrotto solamente dalla mia Pistola, continuasse e venisse infine a pescare nel canale del Naviglio continuo col mio Lago di Como, non credo impossibile di far lo sbaro della Pistola a Milano con una boccia di Leyden da me scaricata a Como".
Al Fisico Comasco si fa un torto, il gravissimo torto di credere questi tentativi impossibili. Convinto di questa erronea convinzione, abbandona quell'indirizzo sulla cui soglia ha già impressa un’orma profonda. Davanti al Regio Istituto Lombardo, Luigi Magrini dichiara la sopraccitata lettera "documento di grandissimo interesse per la storia della scienza, in quanto che segna forse il primo ardito insieme e sicuro passo nella invenzione ed istituzione della telegrafia elettrica". Cesare Cantù espresse questo giudizio : "Volta aveva veduto la telegrafia elettrica 60 o 70 anni prima di coloro che ne sono proclamati inventori". Nel 1795 l'Aria Infiammabile Nativa delle Paludi, come viene chiamata da Volta, il fisico Lazzaro Spallanzani la ribattezza in Gas Naturale. Quando i giacimenti di questo gas naturale, incominciano ad essere sfruttati ed utilizzati industrialmente venne chiamato Gas Metano. La parola metano deriva da Metile + Ano, dove metile = legno in greco e ano = suffisso usato nella nomenclatura chimica per indicare gli idrocarburi saturi (alcani) e alcuni composti eterociclici saturi. L'era del metano ha inizio negli Stati Uniti nel 1821 con il primo pozzo profondo otto metri nel piccolo villaggio di Fredonia, nello stato di New York.
L'eudiometro e l'eudiometria - 1777 Volta mette alla prova l'aria infiammabile, e fa un Eudiometro che segna fino a due millesimi di ossigeno. Impiega due anni per perfezionarlo. L'invenzione dell'Eudiometro avviene nel 1777. (Eudios = chiaro; metron = misura). Louis Gay-Lussac e Alexander von Humboldt ne fanno il confronto con altri eudiometri e dopo l'esame più scrupoloso dichiarano, ed è nell'anno 1805, che l'Eudiometro di Volta supera ogni altro in esattezza. É ingiuria, riflette Arago, dubitarne. Nella sua forma più semplice l'Eudiometro consiste in un tubo cilindrico graduato, la cui estremità superiore chiusa è attraversata da due fili metallici isolati che terminano con punte contrapposte, fra le quali si fa scoccare a tempo opportuno la scintilla elettrica, mentre l'estremità inferiore allargata a foggia d'imbuto fa da base che si appoggia sul fondo di una catinella contenente acqua. Riempito il tubo dell'Eudiometro con una miscela opportunamente dosata di aria infiammabile e di aria comune (o di ossigeno), se ne provoca l'esplosione facendo scoccare la scintilla fra le punte metalliche. Si calcola la diminuzione del volume e si studia la natura dei prodotti dell'esplosione stessa. "La diminuzione di volume che si osserva quando nell’Eudiometro sia posto un ben determinato miscuglio di aria infiammabile metallica (cioè idrogeno), ed aria comune, ci dà il grado di respirabilità dell'aria stessa, carattere questo che il Volta tenne, fin dai primi studi, sempre ben distinto da quello della salubrità, nei riguardi della quale, l'Eudiometro nulla può dire". (Francesco Massardi, 1939) Si può giudicare l'importanza di questi apparati sperimentali del Volta dalle dichiarazioni fatte in proposito dall'Humboldt e dal Gay-Lussac in una loro Memoria pubblicata nel 1805, nella quale si affermava che Volta ha avuto la gloria di avere dato alla chimica, col suo Eudiometro, "l'istrumento il più esatto ed il più prezioso per le sue analisi". Negli anni 1783, 1785, 1792 esamina la dilatazione dell'aria e dei gas e nel 1793 pubblica la sua scoperta negli Annali di Chimica del Brugnatelli ed enuncia la Legge sulla dilatazione uniforme dell'aria atmosferica e ne determina con precisione il coefficiente pari a 0,00354, prevenendo di ben nove anni il chimico e fisico francese Joseph-Louis Gay-Lussac. Tra il 1793 ed il 1795 Volta studia la dilatazione e l'elasticità dei vapori. La lettera a Karl Kühn del 1793 e quella al Vassalli-Eandi Antonmaria del 1795 ci dicono che Volta già nel 1793 aveva scoperto la legge fisica secondo cui la densità e la tensione di un vapore saturo non dipendono dall'aria eventualmente mischiata ad esso.Nel 1795 enuncia le tre Leggi sulla tensione dei vapori prevenendo di ben 6 anni il chimico inglese John Dalton. Volta si occupa anche di mineralogia ed in suo onore è dato il nome di Voltaite ad un minerale di solfato idrato di ferro bi e trivalente e di potassio, che si trova in masserelle granulari o in cristalli ottaedrici di colore nerastro o verde scuro e dotati di lucentezza resinosa.
Il condensatore - 1780 Alessandro Volta nella memoria intitolata "Osservazioni sulla capacità dei condensatori elettrici e sulla commozione che anche un semplice conduttore è atto a dare eguale a quella di una boccia di Leida", scritta a Como il 20 agosto 1778 sotto forma di lettera indirizzata a H.B. de Saussure, dimostra con una serie di esperimenti che, a parità di superficie laterale, hanno maggiore capacità i conduttori cilindrici più lunghi, e che gli effetti fisiologici ("commozioni") prodotti da una bottiglia di Leida non dipendono da particolari proprietà di quest’ultima, ma dalla sua capacità e dalla sua tensione elettrica.
L'invenzione del Condensatore il cui nome originale è dato da Volta, si deve attribuire a Volta stesso, non tanto perché non fossero in uso strumenti simili (bottiglia di Leida, quadro di Franklin), quanto per l'originalità della sua proposta e per aver egli stesso completamente spiegato la teoria. Egli, basandosi sui risultati sperimentali, riesce, con l'acutezza mentale che lo contraddistingue, sintetizza i fenomeni osservati nella fondamentale relazione elettrostatica Q =C.V, tra carica elettrica, capacità e tensione, ossia il rapporto fra la quantità di carica accumulata Q e la tensione V esistente fra le armature è la capacità C del condensatore. C = Q / V La sua invenzione avviene nel 1780. Nella Memoria "Del modo di rendere sensibile la più debole elettricità sia animale che artificiale" scritta nel 1780 e letta alla Royal Society di Londra il 14 marzo 1782, Volta si esprime così: "Un apparecchio, che, portando a uno straordinario ingrandimento i segni elettrici fa sì che osservabile diventi e cospicua quella virtù che altrimenti per la estrema sua debolezza sfuggirebbe ai nostri sensi. . . Ma io amo meglio di chiamarlo Condensatore della elettricità, per usare un termine semplice e piano, che esprime, ad un tempo, la ragione ed il modo dei fenomeni di cui si tratta. Conviene prendere un piatto di Elettroforo, che abbia l’incrostatura di resina assai sottile, a cui non sia stata dianzi impressa alcuna elettricità . . . A questa faccia resinosa si sovrapponga il suo scudo (così io chiamo la lamina superiore) in modo che non tocchi in alcun punto l’orlo metallico del piatto; si adatti il filo conduttore dell’elettricità in guisa che lo scudo venga toccato dove che sia da detto filo, egli solo in un punto, ed in niun modo il piatto. . . . Si lascino le cose per un certo tempo, finché lo scudo possa aver raccolta competente dose di elettricità, . . . sottraggasi al contatto del filo conduttore lo scudo . . . indi si disgiunga lo scudo dal piatto levandolo in alto . . . per il suo manico isolante e allora sarà che se ne otterranno gli aspettati segni cospicui di attrazione, di repulsione . . . si è che lo strato resinoso importa molto che sia sottile, avendo io sempre provato che quanto più lo è tanto maggiore dose di elettricità permette, anzi fa, che si raccolga entro lo scudo. In qual maniera un conduttore accostandosi ad un altro, sotto certe condizioni, si trovi in istato di ricevere una straordinaria quantità di elettricità". Volta idea anche il condensatore ad armature mobili separate da una lastra isolata. Ha inventato il Condensatore Variabile. (Al Tempio Voltiano in Como - Vetrine) L'elettrometro, l'elettroscopio e l'elettrometria - 1784 L'Elettrometria di Volta ha inizio nel 1780 con l'invenzione dell'Elettrometro. Egli è sempre fisso nell'idea che la misura quantitativa delle manifestazioni fenomeniche è la sola che possa permettere, anzitutto di cogliere i rapporti che intercorrono fra gli elementi dei fenomeni, poi di stabilire in base ai risultati ottenuti le leggi alle quali devono soddisfare le diverse grandezze che si presentano nello studio dei fenomeni stessi. Si preoccupa in particolar modo della costruzione di istrumenti per la misura di fenomeni elettrici comparabili. Il primo strumento, che per le sue cure ed attenzioni diventa un vero e proprio istrumento di misura, è l'Elettrometro a Quadrante dell'Henley, costituito da un pendolino applicato ad un asse verticale e che, per la repulsione di quest'ultimo, si sposta su di un quadrante. Questo istrumento, così com'era costruito, atto a dare solo indicazioni di massima, si trasforma nelle sue mani in un istrumento di misura le cui indicazioni sono comparabili, per esempio, a quelle del termometro e dell’igrometro. Altri strumenti che formano oggetto delle sue cure, sono gli Elettroscopi di Tiberio Cavallo, già modificati dal Saussure. Questi elettroscopi erano costituiti da due sottili fili conduttori, terminanti ciascuno con una leggera pallottolina di sambuco e pendenti da una sbarretta metallica nell’interno di una boccetta. Volta completa l’istrumento con opportune armature metalliche, onde evitare gli inconvenienti che si manifestavano sostituisce ai fili delle pagliette di dimensioni diverse e ben determinate e dispone ad arco una scala graduata in gradi per misurare la progressiva divergenza che presentano le pagliuzze quando l’estremità dell’asticciola che le sostiene sia stata posta a contatto con un corpo elettrizzato. Nelle sue lettere a Lichtenberg del 1787 (e specialmente nella prima), Volta descrive questi perfezionamenti degli elettrometri, che lo hanno portato alla costruzione di una coppia di due Elettrometri a Pagliette, il più sensibile dei quali era da lui chiamato Microelettrometro e le cui indicazioni sono paragonabili, sia fra di loro, sia con quelle dell’Elettrometro a Quadrante. Volta usa il suo Elettrometro a Pagliette per lo studio dello stato elettrico dell’aria, ponendolo in comunicazione, mediante un filo metallico, con una punta metallica o con una fiammella posta all’estremità di una canna che solleva nell’aria. Questi studi di Volta sull’elettricità atmosferica, che nella sua opera scientifica si presentano strettamente collegati con quelli di carattere elettrometrico, saranno presi in particolare considerazione nel paragrafo successivo. Per la misura poi di piccole quantità di elettricità, Volta accoppia all’Elettrometro a Pagliette un Condensatore, costituito da un piattello metallico appoggiato sulla superficie levigata di un marmo, ben asciutto, e con ciò lo strumento acquista una sensibilità cento volte maggiore, senza nulla perdere nei riguardi della comparabilità delle indicazioni che può fornire. Un’altra forma di accoppiamento dell’Elettrometro al Condensatore è quella in cui l’asticciola metallica, dalla quale pendono le pagliette, termina superiormente con un piattello verniciato sul quale si appoggia un altro piattello con un manico isolante. É con un cosìffatto delicato strumento d’indagine che Volta procede più tardi allo studio dei fenomeni dell’elettricità di contatto. Venuto così in possesso di strumenti di misura comparabili e di tanta sensibilità, Volta si dedica con appassionata tenacia alle misure elettriche usando, insieme alla semplicità dei mezzi, una finezza del tutto particolare ed una insuperabile acutezza nella valutazione delle diverse condizioni di esperienza. Studia così la capacità di conduttori di forme e dimensioni diverse, di forma cubica, filiforme e nastriforme, comparandole con quelle di vetri armati di determinata superficie. Stabilisce confronti fra le misure elettrometriche riguardanti conduttori e "giare"; suggerisce l’aggiunta di un condensatore alla macchina elettrostatica; compie esperienze e misure sulle distanze esplosive (lunghezze della scintilla di scarica fra due conduttori) e pone in luce le leggi da lui stabilite con lo spinterometro. Con particolare insistenza Volta torna, anche negli anni posteriori, ad occuparsi dell’azione di un piattello conduttore elettrizzato su un altro, pure conduttore e collocato parallelamente al primo a distanze diverse, dimostrando come tale azione sia in ragione inversa della loro distanza. Questi studi, così ampi e complessi, gettano le basi della Elettrometria, della quale a ragione Volta si deve considerare il fondatore. Coulomb ha pure in quel tempo (1785) stabilito con le sue celebri esperienze la legge delle attrazioni e delle repulsioni elettriche, ed i risultati ottenuti gli sono sembrati così cospicui da affermare non esservi ormai da attendere un ulteriore progresso nella scienza elettrica. Volta studia pure lo stesso fenomeno dell’attrazione nel 1787 mediante una bilancia elettrostatica di sua invenzione, ad un piatto della quale non manca altro che l’anello di guardia per dar luogo a quell’istrumento tanto sensibile e delicato che è l’Elettrometro assoluto di Thomson (Kelvin lord William Thomson). Ma la legge dell’attrazione permette di definire solo quella grandezza fisica che è la quantità di elettricità. Il concetto delle rimanenti due grandezze, potenziale e capacità, che insieme alla precedente formano l’oggetto dell’Elettrometria, come pure la legge che lega queste grandezze fra di loro, emerge solo dalle considerazioni, dalle esperienze e dalle misure elettrometriche compiute in proposito da Volta. (Al Tempio Voltiano in Como - Vetrine.) Meteorologia elettrica Nel 1773, poi dal 1780 al 1790 si occupa di Meteorologia Elettrica e si può dire che gli studi più significativi da lui fatti in proposito siano in particolar modo così strettamente collegati a quelli riguardanti l’Elettrometria, da seguirne lo svolgimento, ricavarne delle applicazioni e sospingerlo specialmente, sia alla costruzione di strumenti sempre più sensibili, sia alla generalizzazione di esperienze dirette a provare i fenomeni la cui interpretazione è posta a base della sua teoria sull’elettricità atmosferica. Ritiene Volta che la capacità elettrica dell’acqua aumenti nel passaggio dallo stato liquido allo stato aeriforme, e quindi che i vapori, che si sollevano dai mari e dai fiumi, trasportino con sé una maggiore carica di elettricità sottraendola alla terra, e soprattutto agli strati aerei inferiori, cedendo poi a quelli superiori, nel successivo fenomeno della loro condensazione, la parte di fluido elettrico divenuta per essi sovrabbondante per la diminuita loro capacità. Da questi fatti trae origine l’elettricità atmosferica, generalmente positiva, degli strati aerei superiori in confronto degli inferiori, ed i segni di elettricità negativa ottenuti con le esperienze ideate da Volta, e da lui eseguite insieme a Pierre-Simon Laplace ed al Lavoisier a Parigi nel 1782 col suo microelettroscopio. Non si può omettere di ricordare l’Elettrometro Atmosferico e portatile, costituito da uno dei suoi Elettrometri a Pagliette congiunto mediante un filo conduttore con l’estremità di una canna, alla cui sommità è esposta una punta affilata (nel qual caso misurava l’elettricità atmosferica detta di pressione), od una fiammella (nel qual caso misurava l’elettricità realmente assorbita dalla fiamma). Importanti in proposito sono le acute considerazioni fatte da Volta sul potere delle fiamme e l’esame dei risultati conseguiti con l’uso dell’Elettrometro Atmosferico a Lanterna. Varia e molteplice è l’attività di Volta nel campo della meteorologia: vaglia con squisita delicatezza e profondo senso critico le esperienze che avendo per oggetto di constatare lo sviluppo dell’elettricità positiva nella condensazione dei vapori devono porre il suggello alla sua teoria sull’elettricità atmosferica ; stabilisce come la durata della dissipazione di una carica elettrica possa fornire gli elementi per la misura dell’umidità atmosferica ; discute le ipotesi sulle aurore boreali, considerate come fenomeni elettrici e dovute all’influenza del sole sull’atmosfera terrestre; verifica le condizioni del tempo che precede i temporali e disserta sui fenomeni meteorologici che li seguono. Di notevole interesse sono poi gli studi riguardanti la formazione della grandine nei temporali. In questi studi, a dar ragione dei fenomeni meteorologici ed elettrici che si osservano nei temporali, e della struttura che i chicchi di grandine presentano, Volta espone ed illustra la sua ipotesi dell’esistenza sia di un sol strato di nubi (sovrapposti ed oppostamente elettrizzati), e la conseguente danza dei fiocchi di neve su quell’unico strato, o fra i due strati, richiamando in proposito le esperienze elementari e suggestive della danza di pallottoline di sambuco fra due piatti oppostamente elettrizzati. Volta pensa che se uno “fosse abbastanza ardito” per salire con un pallone “in mezzo a un temporale, vedrebbe imponente spettacolo;” già in qualche viaggio, “sorpassato il primo velo di nuvole, si vide avvolto il pallone da fiocchi e granelli ghiacciati saltellanti sull’involucro”. Ecco un’idea, di Volta, assai curiosa: dopo aver ottenuto lo sparo della sua pistola con la semplice elettricità che si manifesta nell’atmosfera durante i temporali, pensa di installare la sua pistola su di una lunga pertica o su di un aquilone in modo da avvisare con lo sparo dell’arrivo di un temporale. Questi sono solo alcuni cenni dell’attività di Volta nel campo della Meteorologia Elettrica. Veramente immensa e ininterrotta è stata, fino agli ultimi anni di vita, l’operosità di Volta. Ricerche, discussioni, esperimenti, viaggi, lezioni, cariche accademiche e civili, occupazioni domestiche e agrarie, non lo hanno mai per lunghi e lunghi anni stancato o esaurito. Al Tempio Voltiano in Como - Vetrine.)
Disputa con Luigi Galvani Si tratta, non di volgari bisticci, ma di dotte dispute causate da diverse opinioni scientifiche, e tutto si svolge nel più cavalleresco dei modi. Luigi Galvani, professore di anatomia all'Università di Bologna, crede scoprire un nuovo tipo di elettricità, chiamata dal suo nome Galvaniana e da lui denominata elettricità animale. È il caso che lo conduce a tale scoperta. Tra la fine del 1780 e l’inizio del 1781 esegue esperimenti sulle contrazioni provocate mediante scariche elettriche sulle rane. Preparando in modo particolare delle rane fresche decapitate, con i nervi crurali ed il midollo spinale scoperti, nota che se i nervi della rana sono toccati da un metallo conduttore mentre si verifica una scarica elettrica a distanza, si verificano delle contrazioni. Nel 1791, Galvani descrive in un Commentario, suddivisi in tre parti, i suoi studi; in una quarta parte infine egli espone le proprie teorie interpretative sull’elettricità animale. Nelle prime due parti, gli esperimenti sono eseguiti con l’ausilio, il primo con una macchina elettrostatica, il secondo con le scariche atmosferiche (fulmini). Nella terza parte, descrive le esperienze più interessanti. Le zampette di una rana appena preparata, si contraggono quando il nervo crurale ed il muscolo vengono collegati con un archetto metallico. Galvani descrive il fatto come la diretta conseguenza della scarica elettrica, attraverso il circuito composto dal nervo crurale, il conduttore metallico ed il muscolo, di un fluido nervoelettrico accumulato nel muscolo stesso paragonandolo per analogia, ad una bottiglia di Leida. Volta venuto in possesso del Commentario di Galvani, è particolarmente colpito dagli esperimenti ivi descritti giudicandoli di notevole interesse. Intraprende subito degli esperimenti personali ed il 5 maggio 1792 presenta la sua Memoria Prima sull’elettricità animale. Inizialmente egli aderisce con ammirazione alle ipotesi di Galvani e soprattutto definisce “veramente grande e originale” gli esperimenti descritti nella terza parte del Commentario: mettendo in comunicazione, attraverso un arco metallico, il muscolo di una zampa ed il suo nervo crurale. Dato che un arco metallico può solamente permettere il passaggio di elettricità e non fornirne di propria, Volta considera che certamente fra il muscolo ed il nervo vi è uno sbilancio di fluido elettrico (oggi detta differenza di potenziale) e che l’arco metallico permette il ristabilirsi dell’equilibrio. Nella “Memoria seconda sull’elettricità animale”, Volta conferma il fenomeno, già osservato da Galvani, dell’arco bimetallico, ed afferma che “….onde eccitare a nostra posta le convulsioni nell’animale intiero …dette armature siano di metalli diversi, una cioè di stagno o piombo, l’altra d’argento o d’oro, d’ottone o di ferro. Questa diversità di metalli richiedesi assolutamente. " Volta, nella “Memoria terza sull’elettricità animale” scritta in forma di lettera ad Aldini, afferma “…che basta che il nervo solo venga stimolato da esso fluido, il quale ne attraversi anche solo un brevissimo tratto, perché eccitata di tal nervo l’azione, produca egli poi da sé (in qual modo confessiamo pure di non saperlo) la contrazione del muscolo soggetto:” Come detto, Volta impugna l'ipotesi del Galvani nel 1792. Egli dapprima aderisce alle idee del Galvani, poi se ne discosta. Dopo i primi dubbi sull'elettricità animale, risalenti all'estate dello stesso anno, ripetendo gli esperimenti non solo su rane, ma su numerose specie di animali giunge alla certezza che i moti di contrazione si verificano solo al contatto di due metalli diversi. La rana non è che la conduttrice fra i metalli. Varia gli animali e varia i metalli. Osserva che le contrazioni hanno luogo a condizione che l'animale sia toccato da un arco bimetallico. In una lettera all’abate Giuseppe Tommaselli afferma che “Il semplice contatto di conduttori di diversa superficie e di qualità diversa basta a sbilanciare l’equilibrio del fluido elettrico”. Mette quindi in primo piano il principio del contatto. Volta dice inoltre di aver suddiviso i metalli, ad esempio il rame, il ferro, il piombo, l'argento, lo stagno, lo zinco, il mercurio, l'antimonio, l'arsenico, il cobalto, il bismuto, il nickel, il manganese, il tungsteno, in buoni conduttori o meno di elettricità. Continua poi: ". . . . Si vede che avevo io trovato prima del Dott. Pfaff che i solfuri metallici sono buonissimi eccitatori elettrici e conduttori nulla o poco inferiori ai metalli . . . . Anche per ciò che riguarda l'ordine a scala in cui van posti codesti eccitatori rapporto al produrre maggiore o minore effetto, . . . . eccitare cioè più o meno forti convulsioni nei muscoli in guisa che quanto più sono distanti nel detto ordine o scala i due che s'impiegano, tanto sono più efficaci, trovo che i miei risultati combinino con quelli del Pfaff, ma anche qui credo di essere stato il primo ad estendere un cotal ordine: sono passati già due anni . . . . Lo zinco si lascia addietro di gran tratto tutte le altre sostanze". Nella lettera del 1794 all’abate Anton Maria Vassalli-Eandi afferma senza dubbi che la forza elettromotrice è provocata dal contatto fra metalli e corpi umidi, e sostiene che gli organi degli animali sono passivi e si comportano come degli elettroscopi.
Dopo il primo Saggio pubblicato sul Giornale Scientifico di Lipsia nel 1792, nel quale si oppone al Galvanismo o elettricità animale, e le pubblicazioni del 1793 sulla dilatazione dell'aria in rapporto al calore, riprende gli esperimenti sulla cosiddetta elettricità animale. Volta a Pavia, a Como, a Campora non può fare a meno di approfondire i suoi studi su quella che continua ad essere chiamata elettricità animale o Galvanica. Volta arriva a dire che il metallo non solo è conduttore, ma anche incitatore del fluido elettrico. Sottopone a tale esperimento tutte le altre sostanze, distinguendo quelle incitatrici da quelle che sono soltanto conduttrici. Dispone poi le sostanze incitatrici e i metalli in una Ia classe chiamata classe dei conduttori secchi o di prima specie, e dopo aver determinato il grado del fluido elettrico, li dispone in scala partendo dal più debole al più forte. Tutte le sostanze non metalliche o propriamente umide, chiamate conduttrici ma non motrici, le riunisce in una IIa classe detta classe dei conduttori umidi o di seconda specie. Dice quindi che tre sono i tipi di contatto che suscitano l'elettricità.
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Primo modo: uno o più conduttori umidi di IIa classe interposti tra due metalli o conduttori di Ia classe o secchi e di diversa natura;
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Secondo modo: un conduttore di Ia classe (secco) frapposto a due conduttori di IIa classe (umidi) diversi tra loro e contigui;
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Terzo modo: un circolo di tre conduttori tutti di IIa classe (umidi) e diversi tra loro.
Così si oppone al Galvani, il quale chiama elettricità animale la comune elettricità suscitata dal contatto dei metalli usati negli esperimenti. Galvani sostiene che il nervo è attivo nel somministrare l'elettrico, ritenendo che la sostanza midollare dei nervi è conduttrice ed il loro neurilemma (agendo come isolante) impedisce al fluido elettrico di disperdersi lungo il nervo attraverso cui scorre. Volta afferma invece che il nervo è passivo e diviene semplice conduttore del fluido eccitato dalla forza motrice dei metalli. Ancora oggi, dopo due secoli, si può porre la domanda : Chi aveva ragione ? Volta o Galvani ? Il Volta ha ragione, ebbe gli onori del trionfo, un anno dopo la morte di Luigi Galvani. Ma poiché sappiamo oggi che l’elettrone è nella materia, e quindi anche nella nostra carne, si può affermare a buon diritto che anche il Galvani aveva ragione. Alessandro Volta dimostrò che l’effetto elettrico dipendeva dall’arco bimetallico. Ma Luigi Galvani dimostrò anche l’esistenza di un’elettricità puramente animale. L’effetto Volta consiste nello stabilirsi di una differenza di potenziale (d.d.p.) fra due conduttori eterogenei a contatto l’uno dell’altro, d.d.p. che dipende esclusivamente dalla natura dei conduttori stessi e dalla loro temperatura essendo, invece, indipendente dalla forma geometrica dei medesimi e dalla forma e dalla estensione della superficie di contatto.
La pila Nel 1796, superate, in gran parte, le varie difficoltà, Volta con l’ausilio del proprio elettroscopio condensatore, finalmente mostra la presenza di una elettricità di contatto, modificando la sua teoria sull’azione motrice dei metalli e assumendo che essa avesse origine direttamente dal contatto di due metalli diversi tra di loro. “Egli nasce dunque dal contatto mutuo dell’argento per esempio collo stagno una forza per cui il primo dà del fluido elettrico, il secondo lo riceve, l’argento tende a versarne, e ne versa nello stagno, ecc. Questa forza o tendenza produce, se il circolo è altronde compìto per mezzo di conduttori umidi, una corrente che va giusta la direzione sopra indicata dall’argento allo stagno, e da questa per la via del conduttore o conduttori umidi ritorna all’argento per ripassare nello stagno ecc.: se il circolo non è compìto, se i metalli trovansi isolati, una accumulazione di detto fluido elettrico nello stagno a spese dell’argento; una elettricità cioè positiva, ossia in più nel primo, e una negativa, ossia in meno nel secondo; una elettricità picciola è vero, e al di sotto di quel grado che richiederebbesi per dare segno ai comuni elettrometri; ma che pure sono giunto finalmente a rendere, più che non avrei sperato, sensibili”. In questo modo, egli ha potuto mettere in evidenza la debole tensione statica che si genera al contatto di due metalli eterogenei. Volta giunge alla scoperta della Pila, dopo continue sperimentazioni, spinto anche dal desiderio di dimostrare sempre più ampiamente e chiaramente l'esistenza di un'unica elettricità, respingendo fermamente l'affermazione del Galvani, secondo il quale esiste un'elettricità propria degli animali. Volta incomincia a intuire che, se avesse predisposto tanti contatti metallici, il fenomeno elettrico sarebbe cresciuto in modo proporzionale all'aumento dei medesimi contatti metallici e tutto il potenziale elettrico che viene posto in libertà ad ogni contatto si sarebbe raccolto e manifestato in uno solo. Predispone coppie di dischi di rame e zinco e per far convergere in un solo punto l'elettricità dei contatti fa in modo che, fra una coppia e l'altra, vi sia un mezzo di comunicazione, in modo che il fluido potesse passare attraverso di esso per la proprietà incitatrice dei metalli e venga a concentrarsi nei punti estremi dei vari contatti e qui rendersi palese “in sommo grado”. Sul finire di dicembre del 1799, idea ed attua un apparato costituito da molte di queste coppie metalliche sovrapposte in forma di colonna ed interpone dei dischetti di cartoncino od altra sostanza di seconda classe imbevuti d'acqua salata o acidulata o di altro umore, nella quale una estremità termina con dello zinco e l’altra con del rame. Tra queste due estremità si sviluppa una discreta elettricità che si protrae nel tempo e che si manifesta con piccole scintille ogni volta che si mettono a contatto dette estremità del sistema o sotto forma di forti scosse se si toccano dette estremità. É così nata la più geniale delle invenzioni, l’ “Apparato scuotente” ovvero la Pila, così poi denominata per la sua forma caratteristica. L’inconveniente della pila a colonna sta nel fatto che in relativamente breve tempo si essiccano i dischetti imbevuti, compromettendo la sommatoria del fluido elettrico. Volta risolve l’inconveniente con il sistema detto a Corona di Tazze, nel quale i dischetti imbevuti sono sostituiti da tazze contenenti acqua salata o acidulata, in ognuna delle quali sono immersi due elettrodi, uno di rame e l’altro di zinco, susseguenti sempre nello stesso ordine e collegati da una catena di archi di bimetallo, di uguale natura. Volta, il 20 marzo 1800 scrive una lettera a Sir Joseph Banks, Presidente della Royal Society di Londra nella quale descrive dettagliatamente questa sua mirabile invenzione ed un ampio resoconto dei più importanti esperimenti eseguibili con essa. Ecco come inizia la sua lettera: “Après un long silence, dont je ne chercherai pas à m’excuser j’ai le plaisir de vous communiquer, Monsieur, et par votre moyen à la Société Royale, quelques resultats frappants aux quels je suis arrivé . . ." Con l’invenzione della Pila, Alessandro Volta ha scoperto l’elettricità a flusso continuo, ossia l'elettricità dinamica. (Tempio Voltiano in Como - Vetrine.) .
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